E
suonava l'uomo. Suonava e cantava.
Ed
io lo seguivo. Come potevo. Beninteso.
Il
locale era caldo.
Fuori
era autunno. Giallo. E freddo. La sera.
E
suonava l'uomo. Deciso sulle corde della chitarra. La voce aveva il
suo ritmo. Spesso diverso. Ed io lo seguivo. Come potevo. Beninteso.
Con le dita a rincorrerlo sui tasti.
E
lui era felice. L'uomo che suonava. E cantava.
Ed
era per me un tale piacere vederlo così, che facevo impazzire le mie
dita. Non so che cosa ne sia uscito. Di certo molti sorrisi.
Un
grande applauso.
E
il secondo pezzo.
Il
medesimo che ogni volta è diverso. Ed è un tale piacere che lui
unisca tanti. Diversi.
Siamo
in sette qui. In questo piccolo spazio. In questo piccolo bar.
Fuori
qualcuno fuma.
Le
dita corrono.
E
suona l'uomo.
Suona
con tutto sé. Ed io faccio lo stesso. Come posso. Beninteso.
E
lei suona. E canta. Fino alla fine.
E
scroscia la piccola sala.
Andiamo
al bar, per una birra.
"Danke.
Es war eine Ehere, wie immer!"1
Inizia
a parlare. Io lo capisco. Non tutto, allgemein2.
Lui
mi guarda poi guarda altrove.
Poi
le mie mani sul bancone poi altrove.
Poi
la mia maglietta nera poi altrove.
Chiecchieriamo
amabilmente. Lui è piacevole. Divertente. Appassionato e secco nei
giudizi.
Vero.
Vero
e autentico come sono poche le persone a cui accade in questo mondo.
Beviamo
la nostra birra.
Chiacchieriamo.
La
gente che ha ascoltato si ferma a stringergli la mano. E lui ne è
felice.
Ed
io sono felice che mi presenti con tanto orgoglio. Sono felice perché
vedo che lo è.
E
quando manco per qualche settimana. Quando torno fa il finto offeso.
Ed
è così buffo.
Quest'uomo
che suona. I capelli sono a coda di cavallo. Molti bianchi.
È
morbido nel fisico, come nel cuore. Sebbene sia burbero che voglia
apparire.
E
suona l'uomo. E suona e canta.
Ed
è felice. Con qualcuno che suona con lui.
Ed
io – quando posso – sono fra questi fortunati.
Come
posso. Beninteso.
1 "Grazie.
È stato un onore, come sempre!"
2 In
generale
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