La
nonna abitava nella casa accanto alla nostra.
Le
nostre due case erano le uniche costruzioni nel raggio di chilometri.
Tanto erano isolate che la nostra via aveva abbandonato ufficialmente
il suo nome originario. Strada dei campi fioriti.
Abitualmente
era chiamata dagli abitanti del paese più vicino con un nome che ora
si poteva leggere all'imboccatura. Dice "Cavdagna per nissiogo".
Alla
nonna piaceva tanto quella parola "Nissiogo" e la usava
spesso.
Quando
avevo cinque anni le chiesi:
"Nonna,
ma che cosa vuol dire nissiogo?"
Lei
mi aveva guardata severamente. Gli occhi sorridevano sulla sua faccia
seria.
"Hai
già cinque anni, bambina mia! Ancora non sai che cosa significhi
nissiogo? Nissiogo è un luogo. È nessun luogo. Quindi è tutti i
luoghi".
Non
capii che cosa intendesse.
All'età
di otto anni mi incoronò principessa di Nissiogo. La corona era
fatta di glicini e i grappoli fioriti si adagiavano sui miei capelli.
Mi disse che un giorno sarei diventata regina di Nissiogo.
Io
non andavo mai a casa della nonna. Per raggiungerla bisognava fare un
lungo giro, oppure attraversare un ponte sospeso su un canale pieno
di coccodrilli.
Io
ero naturalmente terrorizzata. Non mi avventurai mai sul ponte.
Quindi andavo dalla nonna solo se la mamma o il papà mi
accompagnavano.
Le
giornate erano lunghe, ma avevo la nonna e i miei fratelli. Sei.
Maschi.
La
nonna voleva bene a tutti, ma con me aveva un rapporto speciale.
Forse perché ero l'unica femmina.
In
ogni caso nessuno dei miei fratelli fu principe.
Poi
un giorno il ponte lo attraversai.
Era
primavera. La mia corona era ormai secca. Non aveva foglie né fiori.
Ma mi era cara.
La
nonna si ammalò.
Non
la vidi per diversi giorni. Mamma e papà erano preoccupati. Lo
vedevo. Avevo tredici anni e alcune cose le capivo. Anche se i miei
mi ritenevano sicuramente troppo giovane per comprendere.
Non
volevano portarmi dalla nonna e così decisi di
andarci da sola. Sgattaiolai fuori di casa. Uno dei miei fratelli, il
terzo, mi seguì.
L'uscita
sul muro mi parve immensa. Eppure tanto stretta al contempo. Al di là
di essa il fossato con i suoi coccodrilli. E il ponte sospeso.
Poi
il muro della nonna, da cui spuntavano ciuffi verdi come capelli da
un berretto.
Io
e mio fratello camminammo lentamente sul ponte. Lui aveva portato un
bastone. Lo teneva alto, pronto ad usarlo all'occorrenza.
Nessuna
bestia uscì dall'acqua e quando fummo dall'altro lato sospirammo
entrambi per il sollievo.
Di
corsa entrammo in casa.
C'era
un'urgenza che mi spingeva a voler far presto.
Entrammo
in silenzio.
Sentimmo
la voce della nonna provenire dal piano di sopra. Parlava con
qualcuno.
Avvicinandoci
fummo in grado di capire qualcosa.
"...che
devi aspettare! Non posso andare senza aver salutato mia nipote".
La
voce di un uomo rispose. Era calda, profonda.
"Non
sono io a decidere. Sono stato mandato".
A
quel punto entrammo. Mio fratello sollevò il bastone pronto a
colpire ed io mi posi fra la nonna sul letto, e l'uomo con barba e
cappotto.
Egli
tuttavia si rivolse alla nonna.
"A
fra poco".
Lasciò
la stanza.
La
nonna mi abbracciò. Anche mio fratello si fece vicino.
"Principessa.
Adesso tocca a te diventare regina. La tua corona! L'hai portata".
La
nonna sorrideva. Ma era anche triste. Poi si rivolse a mio fratello.
"Tu
e i tuoi fratelli dovete difendere la regina".
Lui
piangeva ed io non capivo perché.
Poi
la nonna ci rimandò a casa.
Controvoglia
ci andammo.
"Addio",
ci disse mentre lasciavamo la stanza.
Morì
quel giorno stesso.
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