Seduto
nel canotto, sotto il sole d’inverno.
“Al
Mare! Al Mare!”, ripetevano in eterno.
Eccomi
qui. Io sono qui. Mi chiamava il mare.
Maledetti
loro, e me che li ho voluti ascoltare.
Ora
imbrunisce la mia corteccia
e
pare quasi dal sole abbrustolita.
E
gli aghi, qualunque cosa faccia,
sembra
per dispetto passino a miglior vita.
Ho
messo pure la crema, come mi è stato detto,
ma
non è valso nemmeno come ripiego,
ché
il sole ha infiammato il mio cervelletto
con
pensieri su pensieri tormentanti il mio ego.
Il
mare è bagnato, mi piace l’acqua.
Ma
c’è in questa qualcosa di poco normale.
Di
nuovo: il mare è bagnato, mi piace l’acqua.
Ma
la mia sete non scende, solo sale.
Bell’idea
questa del Natale al caldo!
Eran
meglio i regali e perfino il cane Aldo.
Sebbene
spesso mi scambiasse per una latrina,
c’era
almeno tutta la famiglia vicina.
Passò
di lì, verde e trasparente, una cosa lunga e tonda.
“Cose
strane ne ho viste, ma questa! Questa è assai gioconda!”
Disse
ad alta voce, passando d’appresso all’albero nel suo canotto.
“Che
dici, stupida bottiglia? Che hai da mormorar per sotto?”
“Caro
albero, stranito e smarrito. Sentivo i tuoi pensieri ad alta voce.
Sto
per allontanarmi con la corrente per cui sarò veloce:
non
sei al mare, e quello non è il sole. Natale è passato e tu,
inusato,
sguazzi
tra le immondizie, nel liquame stagnante di ciò che è stato.”
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