Sabato
20.10.2019
Dopo
due settimane di silenzio, torno a pubblicare.
Il
sette ottobre è venuta a mancare una delle più care amiche che
abbia mai avuto. Una persona incredibile, piena di gioia di vivere.
Piena di allegrezza, sempre pronta al sorriso. La mia fan numero uno
(sebbene non avesse probabilmente mai letto alcuno dei miei
racconti). La sua perdita mi ha provocato un senso di smarrimento che
non so descrivere e lacerato il cuore. Ma oggi ho pensato a lei -
come ogni altro giorno d'altronde - e sono convinto che lei stessa mi
direbbe di non smettere di fare quello in cui credo, di non smettere
di scrivere e raccontare agli altri ciò che ho da dire.
Quindi
con un po' di malinconia e la sua risata nelle orecchie, continuo la
storia di Fiordispino di via Ombrichiari. A te Sara, preziosa amica
che da quel lunedì sera ancora di più sarai con me, nei miei
pensieri e nel mio cuore. Ciao Sara! Ti voglio bene!
G.P.
Per
leggere la prima parte del racconto segui il link:
"Benvenuto!
Non ricevo visite da molto tempo!"
Dopo
qualche secondo necessario ad abituarsi al buio, Fiordispino si
accorge che la voce proviene da una figura di aspetto umano. Così
almeno appare dapprincipio.
La
notte di luna piena entra dalla finestra aperta facendo tremolare le
fiammelle delle tre candele accese a terra.
La
figura è inginocchiata. Accanto sta un cesto di vimini pieno di
quelle che sembrano maschere. Altre sono appoggiate a terra. Altre
stanno appese ad un filo, come la biancheria della signora Settimane
al numero 15 di via Ombrichiari.
Una
la tiene in mano.
Quando
si volta verso Fiordispino, il ragazzo vede che la figura non ha
volto. Le parole escono dalla bocca della maschera – ma forse devo
dire faccia – che ha tra le mani.
Ogni
faccia ha un'espressione differente. Ce ne sono di sorridenti –
sorrisi diversi – ce ne sono di tristi – da quella mogia a quella
in lacrime. Ce n'è una disperata, una arrabbiata, una furibonda una
sorpresa... e così via. Fiordispino non riesce a vederle tutte.
"Ma
tu che cosa sei? Un ragazzo oppure un gatto? Hai chiaramente le
braccia di un ragazzo, come pure il viso e una gamba. Ma dal
cappuccio della tua felpa spuntano delle orecchie appuntite, hai una
zampa di pelo scuro e la coda di un gatto."
"Io...
io..." Fiordispino è senza parole.
La
figura aveva indossato una delle maschere; quella con l'espressione
interrogativa. Ma ora la stava scambiando con quella di un sorriso.
Questo pare confortarlo e calmarlo.
Ad
ogni cambio di maschera, Fiordispino vede la testa della figura. Lì
dove poggiava la maschera-faccia vi era un buco nero sul quale
splendevano puntini luminosi, come a guardare un cielo stellato
dall'oblò di una nave.
Ad
ogni cambio di maschera, alcune di quelle lucine lasciavano il loro
posto e galleggiavano nella stanza.
"Io
sono Fiordispino. Abito al numero 17 di via Ombrichiari, nelle città
di Nottegiorno. Sono capitato qui per sbaglio. Non sono certo di cosa
sia successo, ma credo di essermi trovato sulla linea Immaginifica
nel momento di passaggio fra tramonto e alba.
"Come
diceva sempre la mamma: mi è successo come al numero 14 di
Ombrichiari!.
La
figura indossa ora una faccia preoccupata. Si volta verso il cesto ed
inizia a cercare.
"Dove
l'ho messa? È sicuramente sul fondo! Non la uso da molto tempo...".
Sollevandosi
indossa una faccia dal sorriso trionfale e ne solleva un'altra che si
affretta a sostituire. Ora è sbigottita.
"Non
avevo idea! Se sei entrato significa che c'è un modo per uscirne!".
Ora
indossa la faccia con gli occhi lucidi e il sorriso carico di
speranza.
"Il
mio nome l'ho dimenticato. Sono stata una donna. Ed ora sono
ottantatré donne. Sono qui da un tempo che non ho contato.
Potrebbero essere dieci anni come ottantatré".
La
stanza risplendeva ora delle luci che si erano staccate dalla testa
della figura.
"Che
cosa sono queste luci?"
"Quali
luci?".
La
figura indossa nuovamente la faccia con l'espressione interrogativa.
"Ci
sono decine di luci che si staccano da te e volteggiano in aria. Non
le vedi?".
La
figura assume ora un'espressione pensierosa e parla, quasi a sé
stessa.
"...illumino
di stelle ...ancelle ...ottantatré".
La
maschera successiva esprime una tristezza quasi tangibile.
"Ora
rammento. Il giorno prima di essere confinata qui dentro, incontrai
un Mago. A lui avevo espresso il desiderio di essere felice per
sempre, di aiutarmi a trovare l'uomo che mi avrebbe resa felice per
il resto dei miei giorni. Egli mi disse che l'unico modo per poter
vivere tutta la vita con il sorriso, sarebbe stato quello di
imprimere ogni emozione su un volto. Lo pregai di farlo. Mi avvertì,
ma non lo ascoltai. Come sono stata sciocca.
"Separò
le mie emozioni in ottantatré volti. Sono tutti qui. Quando avessi
trovata la persona giusta sarei potuta essere felice per sempre.
"Sul
volto t'illumino di stelle.
L'emozioni
saran le ancelle.
Saranno
con te, saranno te.
Non
più una, sei ottantatré".
Un
silenzio di vuoto segue queste parole.
Togliendosi
l'espressione triste per cercare di morire con il sorriso, l'ultima
luce lascia il suo volto e la figura muore. Triste. Poi scompare. Si
dissolve con le sue ottantatré facce.
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